Il precursore

Gli italiani sanno giudicare da soli

Non abbiamo speso una sola parola e non la spenderemo sul volo di Stato del presidente del Consiglio per assistere ad una partita di tennis a New York. Gli italiani sono sufficientemente maturi per giudicare da soli. Siamo invece rimasti colpiti dalle parole proferite in una trasmissione televisiva lunedì sera dove Matteo Renzi giustificava la sua scelta sulla base del fatto che un paese pretende anche di emozioni e che non ci si può rinunciarvi. E questo è giustissimo, non fosse che la sfera emotiva si riferisce alla soggettività e all’intimità di una persona e al proprio interesse particolare. La vita politica aspira principalmente ad un' etica pubblica, magari qualcuno se ne è dimenticato, ovvero all’interesse generale, capace di porre un fondamento oggettivo a cui ogni soggettività possa riferirsi. Se si fondasse la vita pubblica sull’emotività di ciascuno ci ridurremmo in breve alla frammentazione a cascata del corpo della nazione. A riguardo c’è tutto un pensiero occidentale che trova un caposaldo in Rousseau. Fu il "Contratto sociale" a sottolineare l’esigenza di una “volontà generale” da soddisfare per salvaguardare lo Stato. Rousseau non parlava di “interesse generale” proprio perché la parola "interesse" appariva troppo legata alla sfera della particolarità di ciascun individuo, mentre la volontà si credeva orientata più idealisticamente. Questo non significa rinunciare necessariamente alla propria capacità di emozionarsi. Al contrario, Rousseau si emozionava fortemente all’idea di superare il potere assoluto della monarchia attraverso un sovrano popolare. Pochi anni dopo, quando le idee di Rousseau penetrarono in Francia, la massima emozione era quella di morire per la patria, altrimenti non ci sarebbe modo di spiegare i venticinque anni di guerre ingaggiati dalla rivoluzione prima e Napoleone poi. Ovviamente ci furono altre emotività molto più portate alla conservazione dell’individuo e a soddisfare felicità meno pericolose, che presero il sopravvento. Iniziò allora l’età borghese che avrebbe trionfato nella seconda metà dell’800. Per tornare ai nostri tempi, la grande emozione del tennis a New York ha prodotto un certo risentimento a chi aspettava il premier negli impegni istituzionali di routine a Bari ed a Verona. Bisognerebbe allora chiedersi semplicemente se è giusto in nome di un’emozione produrre una forte delusione in tanti cittadini. Il governatore della Puglia, Michele Emiliano ha risposto a proposito, con chiarezza. Non vogliamo certo mancare di rispetto allo sport che ha capacità formidabili di alimentare valori etici pubblici e sotto questo profilo lo Stato fa bene a preoccuparsi di conseguire successi e di celebrarli. Si è ricordato il 1982 quando lo stesso presidente Pertini partecipò alla finale dei mondiali di calcio. A parte che Pertini fu invitato e viaggiò al ritorno con li giocatori, il calcio è uno sport popolare, nel senso che basta una palla di stracci e lo puoi giocare scalzo in strada, mentre il tennis è uno sport un po’ più selettivo. Può darsi che diventerà popolare alla fine di questo secolo e dunque Renzi sarà ricordato come un precursore. Non vorremmo solo che a furia di voler riformare il Paese, il premier rischi di scordarsi la costituzione vigente. Chi rappresenta lo Stato è il presidente della Repubblica e in sua assenza il presidente del Senato. Il premier non è sullo stesso livello istituzionale, ha altre incombenze. Per cui sarebbe meglio che agli eventi sportivi presenziasse il Capo dello Stato ed il presidente del Consiglio rinunziasse a qualche emozione per attenersi ai suoi impegni ordinari.

Roma, 15 settembre 2015